Indagine sull’internazionalizzazione - Focus Bergamo

Prosegue la spinta delle imprese bergamasche verso una maggiore integrazione nelle catene di valore mondiali

Prosegue la spinta all’internazionalizzazione delle imprese bergamasche, sempre più integrate nelle catene di valore mondiali, orientate verso sbocchi diretti sui mercati di riferimento e interessate ad ampliare il raggio di azione, guardando soprattutto all’India, ma anche agli Stati Uniti e al Brasile e azzerando le aspettative sulla Russia.

Sono alcune delle indicazioni del focus Bergamo all’interno dell’Indagine sull’internazionalizzazione condotta da Confindustria Lombardia, appuntamento biennale che coinvolge le nove Associazioni territoriali del sistema lombardo.

Il rapporto 2023 approfondisce l’impatto della progressiva riapertura dei mercati globali a seguito della pandemia e delle tensioni geopolitiche sulla competitività e sulle catene di fornitura delle imprese a livello internazionale. All’indagine, realizzata tra aprile e giugno, hanno preso parte oltre mille imprese lombarde.

Per quanto riguarda Bergamo, il campione è composto da 119 imprese manifatturiere, che nell’ultimo anno hanno generato ricavi per 3,0 miliardi di euro e hanno impiegato circa 7.300 dipendenti. Si tratta nel 63% dei casi di micro e piccole imprese, nel 34% di medie imprese e nel 3% di grandi realtà. Oltre il 50% appartiene al settore metalmeccanico, segue la gomma-plastica e il tessile. L’89% del campione nel 2022 si è interfacciato sui mercati globali in varie modalità. Prevalgono di gran lunga le esportazioni (96% fra esportazioni dirette e indirette), mentre la presenza con basi all’estero, fra produzione, uffici di rappresentanza e filiali, è indicata nel 5% dei casi.

In media, hanno realizzato ricavi all’estero per una quota pari al 47,8% del totale (il 56,2% se il calcolo è ponderato sul fatturato). In generale tale quota è direttamente proporzionale alla dimensione aziendale, anche se l’appartenenza a nicchie specializzate o mercati di destinazione vicini permette una forte internazionalizzazione pure nelle imprese di minore dimensione.

La quota del fatturato estero è cresciuta nell’ultimo anno e dovrebbe ulteriormente salire, secondo le previsioni delle aziende partecipanti all’indagine, anche nel 2023 per attestarsi al 49,1%. In particolare, il 40% delle imprese ha dichiarato di aver aumentato nel 2022 le proprie quote di mercato all’estero rispetto al 2019, mentre l’8% evidenzia perdite, ma in via solo temporanea.

Valori coerenti con il quadro generale dei dati Istat che delineano per il 2022 una provincia fortemente internazionalizzata, con indicatori quali il grado di apertura e la capacità di esportare superiori sia alla media regionale che a quella nazionale e integrata nelle catene del valore mondiali, con 388 imprese manifatturiere e relative holding che controllano 1.564 unità straniere e, al contempo, 213 società manifatturiere che sono invece controllate da imprese estere, a sottolineare l’attrattività del territorio e dell’industria bergamasca.

Tornando all’indagine, mediamente ogni impresa bergamasca ha evidenziato rapporti commerciali con quasi 20 paesi e, anche in questo caso, emerge una correlazione positiva con la dimensione aziendale. L’impresa più grande indica in media rapporti commerciali con quasi 40 paesi; per contro la piccola impresa si interfaccia con circa 14 paesi. Le aziende più grandi sono maggiormente diversificate anche in termini di fatturato e ricavano il 28% del fatturato estero nel loro paese principale, contro il 40% delle PMI e il 52% delle microimprese.

I paesi europei, specialmente Germania e Francia, rimangono i principali mercati di destinazione. Si registra anche una decisa crescita delle imprese che segnalano l’India come partner rilevante. Per quanto riguarda i mercati prospect, emergono USA, Brasile, Canada e Thailandia.

Le imprese sottolineano che il principale fattore in grado di determinare la propria competitività sui mercati globali è la qualità, unita al contenuto innovativo dei prodotti (56%). Il fattore prezzo emerge, per contro, come causa principale indicata dalle imprese che hanno cambiato i fornitori nel corso dell’ultimo anno (18%).
Per quanto riguarda, infine, il medio-lungo periodo, le imprese prevedono che buona parte delle scelte strategiche sarà influenzata dagli scenari geo-politici (43% dei rispondenti). Seguono la sostenibilità ambientale (34%) – probabilmente anche in relazione a normative via via più stringenti - e l’evoluzione tecnologica (32%).

“Dall’indagine – sottolinea Laura Colnaghi Calissoni, Vice Presidente Confindustria Bergamo con delega Internazionalizzazione ed Europa - arriva una chiara conferma della maturità delle imprese bergamasche che per la gran parte ha attivato una o più modalità di rapporto con l’estero. Non a caso la vocazione all’export è una delle caratteristiche vincenti del nostro manifatturiero e si è intensificata negli ultimi anni, posizionandosi anche su livelli qualitativi più alti. In generale emerge la favorevole correlazione tra dimensione dell’impresa e la capacità di competere sui mercati globali. Tuttavia è significativo rilevare che, data la forte integrazione in catene del valore più lunghe, proprio le imprese più grandi sono state maggiormente soggette agli shock esterni”.

“Dopo la lunga pausa forzata legata al Covid e la successiva tumultuosa ripartenza, segnata dai notevoli rialzi dei prezzi energetici e delle materie prime, oggi vediamo un orizzonte ancora totalmente incerto. E’ significativa l’attività di costante riorientamento verso i mercati più interessanti, come l’India, mentre certo non sorprende che la Russia sia assente per il prossimo triennio, quando nella rilevazione del 2021 si collocava al terzo posto. Una nota di attenzione merita anche l’Africa nel suo complesso, potenzialmente molto promettente, in particolare per l’Italia, che fino ad oggi è stata frenata dalla sua grande instabilità. Gli scenari geo-politici sono in effetti al centro delle preoccupazioni delle imprese, come conferma anche questa indagine: se da un lato la propensione oltre frontiera è considerata una scelta “obbligata”, è anche chiaramente percepita la crescente difficoltà a operare nei contesti attuali”.