Formazione

20

giu

2023

News - IMPRENDITORE - MANAGER - OPERATORE

GREEN MARKETING VS GREENWASHING: TUTTO QUELLO CHE LE AZIENDE DEVONO SAPERE

AMBIENTE, CERTIFICAZIONI E CONFORMITA, DIREZIONE, ENERGIA, ESG, FORMAZIONE, INNOVAZIONE TECNOLOGICA E ORGANIZZATIVA, TERRITORIO

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Meloncelli Monica
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Veronica Rossetti
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Il World Economic Forum ha riportato che i 5 principali rischi a livello nel 2023 sono tutti ambientali. La preoccupazione e la consapevolezza circa questi rischi non è mai stata così forte, sia da parte dei consumatori, sia da parte delle aziende e delle istituzioni.

Mentre molti brand si stanno impegnando concretamente per ridurre gli impatti ambientali negativi riconducibili alle attività della propria azienda, altri cadono nella trappola del greenwashing, facendo dichiarazioni false, fuorvianti o esagerate circa la sostenibilità dei propri prodotti. Secondo alcuni esperti in materia, come Fabio Iraldo, il greenwashing è spesso commesso inconsapevolmente.

In questo articolo chiariremo la differenza tra le buone pratiche di green marketing e il greenwashing, forniremo informazioni sui rischi per le aziende, sugli sviluppi normativi e concluderemo con una lista di consigli pratici e trasversali, utili per le aziende (indipendentemente da dimensione e settore di riferimento).

Che cos’è il greenwashing?


Il termine greenwashing si riferisce a pratiche di comunicazione adottate dalle aziende per creare un’impressione falsa e ingannevole circa i benefici ambientali o impatti dei propri servizi e/o prodotti.

Tutte le dichiarazioni sulla sostenibilità fatte da un’azienda che utilizzano termini vaghi (es. “amica dell’ambiente”, “green”, “sostenibile” ecc.) e che non sono supportate da dati disponibili al pubblico possono essere considerate fuorvianti e il brand può essere accusato di greenwashing.

Come il greenwashing danneggia le aziende


Tutti sanno che il greenwashing deve essere evitato. Tuttavia, questo fenomeno continua a verificarsi con conseguenze sempre più gravi sia per le aziende che per i consumatori e la società nel suo complesso. Spesso non si presta sufficiente attenzione alle pratiche di comunicazione in questo ambito per una mancanza di comprensione profonda dei rischi e danni provocati dal greenwashing. Di seguito ti elenchiamo 6 effetti negativi che questa pratica ha per la tua azienda e la società. Per avere maggiori informazioni su ciascun rischio, puoi consultare il nostro articolo “6 rischi del greenwashing che tutte le aziende dovrebbero conoscere”.

1. Danno alla reputazione aziendale e perdita della fiducia del consumatore.
2. Perdita di partner B2B.
3. Essere soggetti a un’investigazione a causa di affermazioni fuorvianti.
4. Rischio di essere citati in giudizio.
5. Perdite finanziarie.
6. Greenhushing.

Che cos’è il green marketing?


Il termine green marketing identifica quel gruppo di attività e strategie di marketing legate all’ideazione, produzione, commercializzazione e promozione di prodotti e servizi che generano un minor impatto ambientale possibile

Le attività impattate sono eterogenee tra di loro e riguardano sia gli standard di prodotto che l’intero processo produttivo, che deve avvenire in un’ottica di sostenibilità sociale, economica, etica, ma soprattutto a ridotto impatto ambientale, passando poi per una comunicazione in linea con i valori aziendali ed un purpose volto a trasmettere i benefici che tali prodotti apportano all’ambiente ed al sociale.

Perché è importante conoscere le differenze?


Il green marketing può creare reali vantaggi competitivi per un’azienda. D’altro canto, il greenwashing può portare a gravi danni reputazionali e commerciali.
Alla luce della proposta di direttiva europea sui green claim (dichiarazioni sulla sostenibilità aziendale, di servizi e prodotti) è prevedibile che verranno presto stabilite sanzioni pecuniarie e altre misure come il ritiro di prodotti per le aziende che non rispetteranno la direttiva europea e commetteranno greenwashing. Inoltre, secondo alcuni esperti come Fabio Iraldo e Domantas Tracevicius, spesso il greenwashing viene commesso in modo inconsapevole: è pertanto importante essere quanto più coscienti possibili sulle differenze tra greenwashing e green marketing al fine di evitare il primo ed eccellere in quest’ultimo.

Sviluppi normativi: proposta di direttiva europea sui green claim

Il 22 marzo la Commissione Europea ha presentato una proposta di direttiva sui green claim, ossia le dichiarazioni ecologiche dei prodotti.

La proposta di direttiva sui green claim stabilisce i requisiti che le imprese dovranno rispettare nel promuovere etichette e prestazioni ambientali che implicano un impatto ambientale positivo, un impatto negativo minore, nessun impatto o un miglioramento nel tempo per i loro prodotti, servizi o organizzazione dal punto di vista della sostenibilità. La proposta richiede che queste dichiarazioni ecologiche, come "packaging realizzato con il 30% di plastica riciclata", "succo amico delle api", "maglietta amica dell’ambiente" o "impegno a ridurre del 50% le emissioni di CO2 legate alla produzione di questo prodotto entro 2030", siano motivate e supportate da dati e valutazioni complete. 

Quali dichiarazioni sono regolate da questa proposta di direttiva?

La proposta riguarda solo tipi di dichiarazioni che attualmente non sono regolati da altre norme dell'UE. Ciò significa che se la legislazione dell'UE stabilisce norme più specifiche sulle asserzioni ambientali per un particolare settore o categoria di prodotti, come l'Ecolabel UE, l'etichetta di efficienza energetica o l'etichetta di agricoltura biologica, tali norme prevarranno su quelle della proposta. La proposta regola anche i sistemi di etichettatura ambientale, arrestando la proliferazione di marchi pubblici e privati e garantendo la trasparenza e la solidità dei sistemi di etichettatura.

Come funzionerà la verifica e l’applicazione delle autodichiarazioni ambientali?

La proposta di direttiva richiederebbe agli Stati membri di garantire che i requisiti minimi per la motivazione e la comunicazione siano rispettati dalle imprese quando rilasciano dichiarazioni ecologiche volontarie. Gli Stati membri saranno responsabili dell'istituzione di processi di verifica e applicazione, che devono essere eseguiti da verificatori indipendenti e accreditati, come segue:

  • Le affermazioni devono essere supportate da prove scientifiche ampiamente riconosciute, identificando gli impatti ambientali rilevanti e qualsiasi compromesso tra di essi.
  • Se i prodotti o le organizzazioni vengono confrontati con altri prodotti e organizzazioni, tali confronti devono essere equi e basati su informazioni e dati equivalenti.
  • Dichiarazioni o etichette che utilizzano un punteggio aggregato dell'impatto ambientale complessivo del prodotto su, ad esempio, biodiversità, clima, consumo di acqua, suolo, ecc. non sono consentite, a meno che non siano stabilite dalle norme dell'UE.
  • I sistemi di etichettatura ambientale dovrebbero essere solidi e affidabili e la loro proliferazione dovrebbe essere controllata. I regimi a livello dell'UE dovrebbero essere incoraggiati, i nuovi regimi pubblici, a meno che non siano sviluppati a livello dell'UE, non saranno consentiti e i nuovi regimi privati sono consentiti solo se possono mostrare ambizioni ambientali più elevate rispetto a quelli esistenti e ottenere una pre-approvazione.
  • Le etichette ambientali devono essere trasparenti, verificate da una terza parte e riviste regolarmente.
Puoi consultare la lista completa di domande e risposte della commissione europea sulla proposta di direttiva sui green claim a questa pagina.

 

Greenwashing involontario e principali ostacoli per le aziende


Secondo
Domantas Tracevicius ci sono due tipi di greenwashing: uno involontario e uno commesso in modo deliberato. A volte gli addetti alle pubbliche relazioni sono ingannati dalle aziende stesse, ed altre volte le aziende credono che un certo tipo di azione sia davvero efficace e positivo quando, in realtà, non lo è.

Condivide questa opinione Fabio Iraldo, docente dell’università Bocconi di Milano e professore associato presso l’Istituto di management della Scuola superiore Sant’Anna di Pisa. Secondo il professore, spesso accade che un’azienda sia affascinata da una misura che desidera adottare e non ne valuta l’impatto ambientale complessivo. Per esempio, in taluni casi, l’applicazione di un modello circolare di business potrebbe non essere l’opzione migliore in chiave di riduzione degli impatti ambientali causati dall’azienda: l’uso di alcuni materiali di recupero richiede processi di trattamento e processi di logistica tali per cui alla fine l’impatto potrebbe essere peggiore.

Monica Meloncelli, esperta di sostenibilità ambientale ed economia circolare di Confindustria Bergamo, evidenzia le principali difficoltà e ostacoli che affronteranno le aziende in questo periodo di forte spinta alla regolamentazione in materia di “dichiarazioni verdi” e di rendicontazione ESG. Ad esempio: 

1. Mancata o scarsa consapevolezza della natura di queste iniziative e proposte regolatorie: non si tratta di una tendenza a breve termine. La proposta di direttiva sui green claim è solo uno dei molti tasselli che costituiscono il quadro delle politiche europee per la transizione ecologica e che si stanno delineando a valle del Green New Deal.

2. Mancata o scarsa conoscenza dei diversi piani sui quali si articola la sostenibilità ESG e gli strumenti a supporto con conseguente difficoltà nell’utilizzarli in modo corretto.

3. Mancanza di un approccio scientifico. È necessario uno skill-up aziendale: diverse figure all’interno dell’azienda devono essere istruite in materia di sostenibilità ambientale per poter riconoscere i percorsi di transizione/trasformazione più idonei alla specifica realtà aziendale. L’approccio scientifico, realizzato sia con risorse interne sia con eventuali attività di supporto e consulenza esterna, risulta infatti determinante per evitare il rischio di greenwashing e il rischio reputazionale del brand. Una solida consapevolezza ambientale dell’azienda nel suo complesso è una delle più importanti chiavi per il successo di progetti di sostenibilità ambientale e mette al riparo la credibilità dell’azienda stessa. 

4. Difficoltà nella progettazione di una strategia di lungo termine su misura e nel mantenere l’intera azienda polarizzata su questa strategia.

Buone pratiche di green marketing


Concludiamo questo articolo con 9 consigli pratici per evitare il greenwashing e iniziare ad applicare in modo efficace il green marketing.

1. Sii trasparente e onesto/a. Supporta ogni dichiarazione ambientale con dati. Quando queste affermazioni vengono fornite sul tuo sito web e sui social media, utilizza link ipertestuali e pdf che permettano di ottenere maggiori informazioni sulla definizione della parola usata, la natura del dato su cui si basa l’affermazione fatta e l’approccio scientifico e metodologico utilizzato. Sul packaging dei tuoi prodotti e/o sulle etichette, considera di includere dei codici a barre che dirigano il consumatore a una landing page dedicata dove potranno trovare informazioni dettagliate.

2. Evita di parlare di sostenibilità, clima, ambiente, commercio equo, se la tua azienda non ha fatto seri sforzi per risolvere questi problemi.

3. Non vantarti dei tuoi successi in ambito di sostenibilità e solidalità, invita gli altri all’azione. Studi sulla psicologia del consumatore hanno dimostrato che vantarsi delle proprie azioni di sostenibilità ambientale e di solidarietà quali donazioni e volontariato, viene spesso recepito come un segnale che tali azioni siano motivate esclusivamente da secondi fini e che non siano genuine. Al contrario, comunicare i propri risultati/ iniziative ed invitare altri a seguire l’esempio, può giovare alla propria reputazione e alla causa stessa!

4. Sviluppa e aggiorna le competenze in azienda in ambito di sostenibilità ambientale. Se necessario, affidati a partner esterni per la formazione aziendale e lo sviluppo di solide competenze, come Servizi Confindustria Bergamo.

5. Per misurare/definire i tuoi successi nella riduzione degli impatti ambientali utilizza un approccio scientifico e standard riconosciuti.

6. Evita termini vaghi e fuorvianti come “eco-friendly”, “migliore per il pianeta” ecc.

7. Usa etichette ambientali ufficiali e riconosciute. Per approfondire questo tema, poniti alcune semplici domande: 1) Qual è il mio mercato di riferimento? 2) Quali sono i Paesi maggiormente importanti per il mio business? Gli standard ambientali e le certificazioni riconosciute spesso cambiano tra i diversi Paesi del mondo. In ambito B2B ti sei mai chiesto quale etichetta o certificazione potrebbe chiederti il tuo cliente?

8. Donazioni e sponsorships sono ottime iniziative ma da sole non dimostrano il tuo impegno sui temi della sostenibilità. Questo tipo di iniziative, tipiche del tradizionale approccio di CSR, devono essere accompagnate da un reale impegno della azienda sui propri processi di produzione, packaging, gestione energetica ecc. e tali impegni devono sempre essere dimostrati da dati!

9. Sii estremamente cauto nell’utilizzare asserzioni ambientali come “sono climaticamente neutri", "neutri in termini di emissioni di carbonio", "con compensazione al 100% di CO2" o simili. Secondo la Commissione europea, questo tipo di affermazioni riguardanti il clima basate su compensazioni di carbonio o crediti di carbonio sono particolarmente propense a essere poco chiare e ambigue e a indurre in errore i consumatori. Le imprese dovrebbero concentrare i loro sforzi sulla riduzione delle emissioni nella propria organizzazione o catena del valore. Nel presentare asserzioni relative al clima, le imprese devono essere trasparenti circa quale parte delle loro asserzioni riguarda le loro operazioni e quale parte dipende dall'acquisto di compensazioni. 

  

Conclusioni


La forte attenzione nei confronti della sostenibilità ambientale, sociale e di governance non è una tendenza passeggera, bensì un cambiamento strutturale a lungo termine. Le aziende devono iniziare subito ad affrontare questa sfida attraverso: formazione del personale, diffusione di una cultura della sostenibilità, una profonda analisi interna, sviluppo di progetti di una strategia ESG e stesura del Bilancio di sostenibilità.

Confindustria Bergamo si impegna a supportare le proprie aziende associate in questo processo attraverso la diffusione di informazioni, progetti, servizi e convenzioni con partner convenzionati. Scopri come aiutare la tua azienda consultando la nuova sezione “ESG” all'interno del sito web, oppure contattaci direttamente.