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30

apr

2020

News - IMPRENDITORE - MANAGER - OPERATORE

L'AREA INNOVAZIONE HA PARTECIPATO ALL’HACKATHON #EUVSVIRUS. VI RACCONTIAMO L'ESPERIENZA

INNOVAZIONE TECNOLOGICA E ORGANIZZATIVA, INTERNAZIONALIZZAZIONE

Di fronte all’emergenza Covid-19, nonostante le nostre competenze e possibilità di azione siano spesso limitate, vorremmo tutti contribuire. La scorsa settimana, l'area Innovazione di Confindustria Bergamo nella persona di Piergiuseppe Cassone ha colto questa opportunità insieme agli amici Cesare Borgia, Esteban Maximo Seco, Fabio Balzarini, Giorgia Filippi, Sergio Lorenzi.

La Commissione europea, guidata dal Consiglio europeo per l'innovazione e in stretta collaborazione con gli Stati membri dell'UE, ha infatti ospitato dal 24 al 26 aprile un hackathon paneuropeo per mettere in relazione la società civile, gli innovatori, i partner e gli investitori di tutta Europa al fine di sviluppare soluzioni innovative per le sfide legate al Coronavirus.

In questo post, vi raccontiamo l'esperienza e il progetto di frugal innovation per lo smaltimento e il riutilizzo delle mascherine che è stato presentato dal team di lavoro.

***

Post a cura dell'area Innovazione

#EUvsVirus è stata una sfida collettiva, la risposta ad un invito all'azione rivolto ai cittadini di tutto il mondo, l’opportunità di dimostrarsi uniti e di condividere le nostre abilità per il bene comune, oltre i confini geografici e generazionali. Animati da questo spirito siamo riusciti a formare un team composto da un innovation manager, un biologo, una biotecnologa, un ingegnere dei materiali, un chimico ed un esperto di soluzioni inventive.

Tra le tante tematiche protagoniste di questa emergenza, in occasione dell’hackathon abbiamo scelto di approfondire quella delle mascherine. Infatti, per via della scarsità di efficaci materiali di filtrazione necessari alla loro produzione e per i problemi legati al loro smaltimento (essendo un rifiuto potenzialmente pericoloso) sarebbe auspicabile trovare una soluzione indirizzata alla possibilità di un loro riutilizzo.

Il problema, attualissimo per la scarsità delle mascherine in circolazione, diventerà paradossalmente ancora più urgente nella fase 2, quando terminato il lock down si passerà ad una misura precauzionale che verosimilmente imporrà l’utilizzo delle mascherine a tutta la popolazione.

Considerato l’orizzonte europeo della sfida, con una popolazione di circa 450 milioni di persone, potremmo trovarci nella condizione di dover produrre e poi smaltire almeno 300 milioni di mascherine ogni giorno!

 

 
Dove metteremo tutte queste mascherine infette? Saranno rifiuti speciali pericolosi che dopo averci protetto potrebbero infettarci?
Come renderle innocue o addirittura riutilizzarle?

 

 

IL PROGETTO

Il nostro progetto si è sviluppato a partire da questi interrogativi ed è stato caratterizzato da più fasi. Durante la prima abbiamo consultato molti professionisti ed esperti (tra i quali desidero ringraziare il Dott. Gamba e l’Ing. Fiandri) e svolto un’accurata ricerca bibliografica che, basata su fonti referenziate, ci ha consentito di selezionare le principali risorse che permettono di rendere il virus inattivo.

La seconda parte del nostro lavoro si è quindi concentrata nel cercare soluzioni sicure, ma semplici, economiche ed alla portata di tutti, anche in contesti casalinghi. Abbiamo cioè sviluppato una “frugal innovation” che combinando appropriatamente materiali, risorse ed attrezzature facilmente disponibili potesse indicare procedure idonee a risolvere il problema.

 

LE ANALISI

Appurato che in un ambiente secco dopo un definito periodo di tempo, dipendente dal tipo di superficie, il virus diventa comunque inattivo, abbiamo verificato la possibilità di accelerare questo processo attaccando la membrana lipidica che circonda il virus e successivamente anche le sue proteine con una miscela di vapore di alcool (60% - 80%) ed acqua o spezzando la catena del suo RNA con radiazioni UVc (ovviamente è possibile ottenere ciò anche con raggi X, gamma o fasci di elettroni accelerati, risorse  però meno facilmente utilizzabili in un contesto casalingo). Anche la pressione, grazie all’utilizzo di contenitori di plastica o plexiglass, e la temperatura, grazie alla radiazione solare o all’utilizzo di un forno a microonde, si sono rivelati utili come “catalizzatori” per accelerare il processo di inattivazione del virus.

Grande attenzione è stata posta dal nostro gruppo di lavoro nel ricercare una soluzione allo smaltimento sicuro delle mascherine e al mantenimento delle loro proprietà strutturali e delle loro principali caratteristiche funzionali, con particolare attenzione ai parametri di filtrazione batterica (BFE) e traspirabilità (DP), come previsto dalla norma UNI EN 14683.

 

LE SOLUZIONI PRESENTATE

Nel progetto presentato nell’hackathon abbiamo ipotizzato e descritto 2 soluzioni che, con una combinazione efficace di differenti varianti utili ad accelerare il processo, si basano su una procedura di utilizzo di una diversa mascherina per ogni giorno della settimana (procedura che ricorda molto quelle di backup dei dischi fissi) utilizzando appositi contenitori di custodia e decontaminazione o sull’utilizzo del forno a microonde, largamente diffuso nella maggior parte delle abitazioni.

Con una piccola spesa le stesse metodologie e procedure potrebbero essere rese ancora più semplici nel loro impiego ed utilizzate, oltre che per le mascherine, anche per la decontaminazione anche di altri oggetti come borse e vestiti che utilizziamo nella nostra abituale attività quotidiana prevedendo contenitori ad hoc o addirittura appositi apparecchi dotati di microonde e UVc nei quali potrebbe anche essere previsto un programma di riconoscimento dell’oggetto per autoregolare il processo limitando gli errori casalinghi.

La nostra proposta avrebbe impatti positivi sia in termini economici per le famiglie, sia logistico-ambientali per la riduzione dello smaltimento dei rifiuti, più o meno pericolosi.

 

CONCLUSIONI

Ovviamente l’effettiva sicura applicazione delle nostre soluzioni dovrebbe passare attraverso un ciclo di prove (Design Of Experiments) che ne confermi la validità e ne dettagli le modalità ed i parametri (quantità di miscela, tempi di irraggiamento, tempi di decontaminazione). Inoltre dovremmo prevedere l’eventuale studio di affinamento dei materiali della mascherina affinché, come nell’esempio del nasello in metallo che non si presta al trattamento nel microonde, siano più indicati ad essere sottoposti ai previsti cicli di decontaminazione per il successivo riutilizzo.

Non possiamo concludere che con un ringraziamento al meraviglioso gruppo che ci ha accompagnato in questa avventura e con la speranza che i nostri sforzi e le nostre idee possano aiutare la lotta al Coronavirus. Non siamo soli, sono stati ben 2100 i progetti presentati in occasione dell’hackathon #EUvsVirus!

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Curioso di saperne di più sul progetto?