Comunicazioni

News menu

Vuoi ricevere Circolari e News ?

1

Inserisci nome utente e password

In alto a destra inizia dal tasto Login

2

Entra nella tua MyPage

Una volta entrato, seleziona Modifica Dati sempre in alto a destra e attiva il flag per la richiesta della newsletter.

21

mag

2020

News - IMPRENDITORE - MANAGER - OPERATORE

CHIARIMENTI INAIL SULLA TUTELA INFORTUNISTICA NEI CASI DI INFEZIONE DA CORONAVIRUS IN OCCASIONE DI LAVORO

DIREZIONE, FISCO E DIRITTO D'IMPRESA, LAVORO E PREVIDENZA, SICUREZZA
L'INAIL, con circolare del 3 aprile 2020 ha dato le indicazioni operative per la tutela dei lavoratori che hanno contratto l'infezione da Covid-19 in occasione di lavoro (art. 42, comma 2, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 convertito dalla legge 24 aprile 2020, n. 27). Con una nuova circolare l'Istituto fornisce ora ulteriori chiarimenti su alcune problematiche sollevate in relazione alla tutela infortunistica degli eventi di contagio, in attesa di provvedimenti normativi sulla non responsabilità civile e penale del datore di lavoro al riguardo.

L'infezione da SARS-Cov-2, come accade per tutte le infezioni da agenti biologici se contratte in occasione di lavoro, è tutelata dall'Inail quale infortunio sul lavoro e ciò anche nella situazione eccezionale di pandemia causata da un diffuso rischio di contagio in tutta la popolazione.

Le patologie infettive (vale per il COVID-19, così come, per esempio, per l'epatite, la brucellosi, l'AIDS e il tetano) contratte in occasione di lavoro sono da sempre, infatti, inquadrate e trattate come infortunio sul lavoro poiché la causa virulenta viene equiparata alla causa violenta propria dell'infortunio, anche quando i suoi effetti si manifestino dopo un certo tempo. In secondo luogo, la norma dispone che l'indennità per inabilità temporanea assoluta copre anche il periodo di quarantena o di permanenza domiciliare fiduciaria (ovviamente sempre che il contagio sia riconducibile all'attività lavorativa), con la conseguente astensione dal lavoro.

Inoltre, è stato espressamente previsto che gli oneri degli eventi infortunistici del contagio non incidono sull'oscillazione del tasso medio per andamento infortunistico, ma sono posti carico della gestione assicurativa nel suo complesso, a tariffa immutata, e quindi non comportano maggiori oneri per le imprese, in quanto tali eventi sono stati a priori ritenuti frutto di fattori di rischio non direttamente e pienamente controllabili dal datore di lavoro al pari degli infortuni in itinere.

La presunzione semplice nell'accertamento dell'infortunio da contagio da SARS-Cov-2, che ammette sempre la prova contraria, presuppone comunque la verifica rigorosa dei fatti e delle circostanze che facciano fondatamente desumere che il contagio sia avvenuto in occasione di lavoro (le modalità di svolgimento dell'attività lavorativa, le indagini circa i tempi di comparsa delle infezioni, ecc.). In tale contesto, l'Istituto valuta tutti gli elementi acquisiti d'ufficio, quelli forniti dal lavoratore nonché quelli prodotti dal datore di lavoro, in sede di invio della denuncia d'infortunio contenente tutti gli elementi utili sulle cause e circostanze dell'evento denunciato. Il riconoscimento dell'origine professionale del contagio, si fonda in conclusione, su un giudizio di ragionevole probabilità ed è totalmente avulso da ogni valutazione in ordine alla imputabilità di eventuali comportamenti omissivi in capo al datore di lavoro che possano essere stati causa del contagio.

Non possono, perciò, confondersi i presupposti per l'erogazione di un indennizzo Inail (basti pensare a un infortunio in \"occasione di lavoro\" che è indennizzato anche se avvenuto per caso fortuito o per colpa esclusiva del lavoratore), con i presupposti per la responsabilità penale e civile che devono essere rigorosamente accertati con criteri diversi da quelli previsti per il riconoscimento del diritto alle prestazioni assicurative. In questi, infatti, oltre alla già citata rigorosa prova del nesso di causalità, occorre anche quella dell'imputabilità quantomeno a titolo di colpa della condotta tenuta dal datore di lavoro. Il riconoscimento cioè del diritto alle prestazioni da parte dell'Istituto non può assumere rilievo per sostenere l'accusa in sede penale, considerata la vigenza del principio di presunzione di innocenza nonché dell'onere della prova a carico del Pubblico Ministero. Così come neanche in sede civile l'ammissione a tutela assicurativa di un evento di contagio potrebbe rilevare ai fini del riconoscimento della responsabilità civile del datore di lavoro, tenuto conto che è sempre necessario l'accertamento della colpa di quest'ultimo nella determinazione dell'evento.

La responsabilità del datore di lavoro è ipotizzabile solo in caso di violazione della legge o di obblighi derivanti dalle conoscenze sperimentali o tecniche, che nel caso dell'emergenza epidemiologica da COVID-19 si possono rinvenire nei protocolli e nelle linee guida governativi e regionali. Il rispetto delle misure di contenimento, se sufficiente a escludere la responsabilità civile del datore di lavoro, non è certo sufficiente per invocare la mancata tutela infortunistica nei casi di contagio da Sars-Cov-2, non essendo possibile pretendere negli ambienti di lavoro il rischio zero. Circostanza questa che ancora una volta porta a sottolineare l'indipendenza logico-giuridica del piano assicurativo da quello giudiziario.

L'attivazione dell'azione di regresso, non essendo più subordinata alla sentenza penale di condanna, presuppone la configurabilità del reato perseguibile d'ufficio a carico del datore di lavoro o di altra persona del cui operato egli sia tenuto a rispondere. Pertanto, così come il giudizio di ragionevole probabilità in tema di nesso causale, che presiede al riconoscimento delle prestazioni assicurative in caso di contagio da malattie infettive, non è utilizzabile in sede penale o civile, anche l'attivazione dell'azione di regresso da parte dell'Istituto non può basarsi sul semplice riconoscimento dell'infezione da SarsCov-2. In assenza di una comprovata violazione, da parte del datore di lavoro, delle misure di contenimento del rischio di contagio di cui ai protocolli o alle linee guida sarebbe infatti molto arduo ipotizzare e dimostrare la colpa del datore di lavoro.
 
Per informazioni
 
Aspetti salute e sicurezza:
 
Ing. Roberto Fiandri - Area Ambiente e Sicurezza
 
Dott.ssa Roberta Cavalleri - Area Ambiente e Sicurezza
 
 Aspetti sindacali/previdenziali:
 
Dott. Stefano Malandrini - Area Lavoro, Previdenza
 
Dott.ssa Marina Mariani – Area Lavoro, Previdenza
 
Dott.ssa Roxana Radulescu – Area Lavoro, Previdenza